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L'austerità del mio pianeta mi impone di essere severa con me stessa e con gli altri, con chi ha perduto i valori, i principi, sotterrati da una società superficiale dove, l'usa e getta, è diventata la quotidianità. Tante parole belle e giuste vengono usate, ma poi nei fatti l'onestà e il rispetto sono diventati inesistenti !!

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lunedì 10 settembre 2012

PERCHE' A VOLTE SI SCEGLIE LO STESSO TIPO DI PARTNER

Quante volte ci si è domandato perché, nonostante le delusioni e le scottature ricevute nelle relazioni di coppia passate, col trascorrere del tempo si tende spesso a compiere i medesimi passi, quasi a ripercorrere un copione consolidatosi nel tempo, scegliendo spesso la stessa tipologia di partner? Anche quando si pensa che proprio quel tipo di uomo o di donna, con quelle particolari caratteristiche, rappresenti la causa principale delle proprie sofferenze in amore, e si è decisi a non ripetere più lo stesso tipo di scelte, ecco che invece ci si innamora di nuovo dello stesso tipo di partner, che tende a rivelarsi spesso troppo assente, oppure troppo invadente, e così via, a seconda dei casi. Comunque sia ci si legherà facilmente con qualcuno che mostrerà peculiarità analoghe a quelle del compagno/a precedente e che ci si era ripromessi di evitare.
Stessi attori e stesse attrici, stessi ruoli interpretati dai partner, dunque, nello scegliersi a vicenda. Innamorandosi e scegliendo la stessa tipologia di persona si continua a soffrire, spesso, per gli stessi motivi collegati a comportamenti che si ripetono immodificati nel corso del tempo.
Ma perché tutto ciò avverrebbe?

Proviamo a rispondere. Innanzitutto va detto che ben tre quarti delle persone, secondo quanto scrive Grazia Attili, autrice del libro “Attaccamento e amore”, tenderebbe a ricreare legami e a costruire relazioni di coppia con caratteristiche simili alle caratteristiche delle relazioni instaurate da bambini con la propria madre. Sulla scelta del partner inciderebbe quindi, secondo l’autrice, il tipo di attaccamento sviluppato con la madre stessa. In tal senso, la conoscenza dei motivi più nascosti che possono influire nella scelta del partner, potrebbero essere di aiuto nel ritrovare un modo di amare e di essere amati che sia meno doloroso e distruttivo.

In particolare, esisterebbero tre specifiche modalità di attaccamento che inciderebbero sulla futura relazione con il partner. Vediamole una per una a partire dallo svilupparsi della relazione del bambino con la mamma nei primi anni di vita. Consideriamole poi nel loro ripercuotesi all’interno delle relazioni mature dell’età adulta:
-Nel caso dell’attaccamento che viene definito “sicuro”, quando il bambino piange e chiede aiuto, la madre riconosce prontamente i suoi segnali ed immediatamente accorre. La madre è presente quindi nel momento del bisogno ma, allo stesso tempo, non impedisce al figlio di muoversi con una certa libertà che gli permetta di poter esplorare l’ambiente circostante. Questo bambino svilupperà una rappresentazione mentale della madre come qualcuno di cui fidarsi, e un modello mentale di sé come persona degna di essere amata e confortata. Da grande, quando starà male, sarà in grado di esprimere quello che prova, e tenderà a sceglier partner che hanno avuto un percorso affettivo simile al suo, cioè persone sicure, in grado di confortarlo e di condividere con lui benessere e felicità. Eviterà invece persone che possano farlo sentire frustrato nel suo bisogno di essere amato.

-Un altro tipo di attaccamento che può svilupparsi a partire dalla relazione tra il bambino e la madre, viene definito attaccamento “insicuro-ambivalente”. In questi casi, quando il bambino da piccolo piange, la madre a volte accorre, altre no. Mentre in altre occasioni, quando ad esempio il bambino se ne sta tranquillo a giocare, può accadere che la madre improvvisamente intervenga a coccolarlo, interrompendo così le sue attività. In questo contesto, il bambino fatica a collegare in maniera chiara i suoi segnali alle risposte della madre, così il suo sistema di attaccamento tenderà a segnalare continuamente una situazione di rischio. Il bambino sarà allora spesso capriccioso, si mostrerà sovente triste e difficilmente consolabile quando starà male, esagerando continuamente le proprie emozioni negative. La madre d’altro canto diventerà sempre più intrusiva verso di lui, aspettandosi anche che questi presti attenzione ai suoi bisogni affettivi. A partire da una situazione del genere il bambino, crescendo, svilupperà un modello di sé quale persona vulnerabile, e di persona amabile a volte sì e a volte no. Considererà la figura di attaccamento in termini di persona inaffidabile e concepirà la realtà esterna come pericolosa.

Da grande, pur instaurando relazioni di coppia, tenderà a mantenere un rapporto invischiato e conflittuale con la sua famiglia d’origine, basato sulla possibilità di liberarsi da quei legami familiari che a suo avviso gli impedirebbero di diventare una persona più autonoma.

Nella scelta del partner avrà un forte bisogno di unione, accompagnato da forte tendenza ad idealizzare l’altro. Tenderà a scegliere partner che lo tengono a distanza, e si focalizzerà su ogni minimo segnale di disinteresse del partner, disinteresse che farà scoppiare la sua gelosia spesso ossessiva. Anche quando sceglierà partner fedeli potrà capitare che questi ultimi divengano inaffidabili, una volta resisi conto che le varie scenate di gelosia non dipendono effettivamente dalla loro oggettiva fedeltà o trascuratezza, ma dalle modalità proprie e abituali del loro compagno/a. Alla fine, però potrà anche capitare che scelga un partner fedele, con attaccamento sicuro, nonostante il soggetto con attaccamento insicuro ambivalente continuerà a non fidarsi mai completamente dell’altro, e conserverà parte della sua rabbia verso le figure che più ama.

-Infine vi è il caso dell’attaccamento “evitante”. Chi lo sviluppa da bambino, quando aveva bisogno della mamma, veniva spesso rifiutato e non confortato. I bambini con attaccamento evitante sviluppano sovente comportamenti di falsa autonomia, evitando di cercare la madre, soprattutto quando sono in difficoltà, poiché non possono permettersi di subire un rifiuto, soprattutto nei momenti di maggiore fragilità. In questo modo, il tipo di attaccamento che svilupperà tale bambino, detto insicuro-ansioso di tipo evitante, lo porterà a sviluppare un modello di sé come persona non meritevole di amore, un modello mentale della propria madre come persona malvagia, e un modello mentale della realtà esterna come ostile, dove le cose si possono ottenere solo con l’aggressività, altrimenti tanto vale rinunciare.

Crescendo tenderà a legarsi a partner con modelli di attaccamento analoghi ai suoi, basati cioè sull’evitamento, che non richiedano quindi intimità profonda o lo sviluppo di un’affettività intensa. Altre volte, invece, capiterà che si leghi a partner che hanno sviluppato un modello di attaccamento insicuro – ambivalente di tipo invischiante, che tenderanno ad assumersi la responsabilità di mantenere viva la relazione di coppia, richiamando a sé il partner “evitante” qualora questi si allontani, e maltrattandolo poi al suo ritorno. In entrambi i casi, l’individuo tenderà comunque a legarsi a partner che utilizzano lo stesso modello di attaccamento usato dalla propria madre: quando si legherà a partner “evitanti”, questi ultimi mostreranno lo stesso atteggiamento freddo che aveva sua madre nei suoi confronti, quand’era bambino. Quando invece si legherà a partner “invischianti”, qualora questi ultimi mostrino atteggiamenti aggressivi basati su reazioni di rabbia per essere stati trascurati, il soggetto “evitante” si ritroverà a gestire situazioni che ricordano l’antico modello materno basato sul rifiuto.

Nella coppia le persone con stile di attaccamento “evitante” faranno una certa fatica a mettersi nei panni dell’altro e, di fronte alla sofferenza altrui, tenderanno spesso a rimanere in silenzio, ritenendo che questa sia la cosa migliore da fare per rispettare il proprio partner che, al contrario, leggerà un simile comportamento come un rifiuto.

Ora va detto che questi modelli qui brevemente descritti sono una bussola per orientarsi nel campo della scelta delle relazioni sentimentali, ma non devono essere interpretati in maniera rigida, inflessibile o fatalistica.
Divenire però consapevoli di come essi influiscano nella scelta del partner, può rivelarsi utile per rifondare un rapporto di coppia basato su una maggiore comprensione e conoscenza di sé e dell’altro, che permetta una migliore gestione delle proprie reazioni e dei propri comportamenti all’interno della relazione di coppia.

martedì 26 giugno 2012

Perché alcune donne sono attratte da uomini già impegnati?


L'attrazione verso una persona affonda le sue radici profonde nel desiderio sessuale, nella soddisfazione istintuale di quella bramosia. Innamorarsi vuol dire anche vivere il desiderio di possesso ed esclusività dell'amato. Ma cos'è allora che spinge una donna a frustrare questo desiderio ricercando l'amore di un uomo impegnato?
Noi amiamo nel modo in cui abbiamo imparato ad amare durante la nostra infanzia e vogliamo essere amati in maniera conforme con le nostre esperienze infantili. Laddove, nell'infanzia, le figure genitoriali non vengono interioriorizzate come calde ed empatiche, nella vita adulta la ricerca di un rapporto amoroso dovrà fare i conti con i propri vissuti interiori e potrà tendere verso situazioni difficili o addirittura impossibili. Ci si può innamorare del ragazzo della migliore amica, del capo ufficio sposato, o della persona che non ricambia in maniera esclusiva. Desiderare solo uomini già impegnati può significare non stare completamente in un rapporto o addirittura non desiderarlo affatto.
Si evita così il dolore di una eventuale separazione con l'oggetto d'amore, si evita di rivivere quella ferita di non essere stati amati sufficientemente o magari abbandonati. "Non soffro perché non ti ho mai avuto completamente".
La donna attratta dall'uomo impegnato lo conosce davvero a fondo o piuttosto si abbandona alle fantasie amorose inseguendo un sogno, riempiendo le inevitabili caselle vuote dell'identità dell'altro con parti di sé proiettate? In un rapporto triangolare, l'amante è costretta a vivere in clandestinità, crede di avere le parti più belle dell'altro, ma in realtà ne gode solo in parte e, forse, non lo conosce nemmeno profondamente. E' più difficile amarsi condividendo la quotidianità, con tutti i problemi reali, che farlo saltuariamente, andando a mangiare al ristorante, incontrandosi in un motel. Eccitante, forse si, ma manca qualcosa.

E' possibile che l'altro non sia realmente amato per quello che è, ma come ricettacolo delle proprie proiezioni ideali, come creatura che si vorrebbe poter plasmare secondo i propri modelli interiori, secondo i propri bisogni.
E infatti accade spesso che, quando l'uomo sposato accenna ad una separazione dalla moglie e diviene quindi realistica la possibilità di vivere finalmente un rapporto alla luce del sole, la donna fugge.
Nell'amore impossibile, i fantasmi edipici vengono replicati mediante la ripetizione triangolare: lui, lei e l'altro (l'ostacolo), si ama colui che non si può avere come, nell'infanzia, inconsciamente, si amava il genitore del sesso opposto, desiderato ma mai raggiunto.
Questo tipo di situazione ricorda piuttosto quegli innamoramenti adolescenziali, quando emozioni e sensazioni rimangono su un piano istintivo, in attesa di evolvere in un amore completo e maturo, condividendo un percorso di crescita.
L'amante può vivere più o meno inconsciamente la rivalità con l'altra donna e nutrire false illusioni circa un futuro insieme all'uomo, oltre all'ingenua convinzione di avere un potere su di lui ("tanto grande è l'amore per me che lascerà sua moglie"). Nella maggior parte dei casi non è esattamente così. Il ruolo dell'amante può ridursi ad una sorta di contenimento per tutte le lamentele, le insoddisfazioni e gli sfoghi del partner riguardo alla sua compagna ufficiale.
Può esserci una inconscia soddisfazione nel ruolo protettivo, materno, ma, più
probabilmente, vi è una sofferenza profonda che fa da sfondo ad una bassa autostima: ci si sente non degni di essere amati, ma si pensa di poter interessare all'altro perché lo si cura, lo si soccorre. Alla base vi è la paura di essere abbandonate che comporta l'attaccamento morboso a qualcuno che si finisce con il ritenere indispensabile per la propria sopravvivenza.
Può capitare che l'uomo impegnato finisca per dividersi tra l'amante, che può dare ciò che nel rapporto ufficiale ormai manca, e la moglie, non vivendo completamente né l'una né l'altra. Sono molte le donne che chiedono allo psicoterapeuta "suggerimenti" per poter scoprire se l'uomo sia veramente interessato a loro o sono soltanto alla ricerca di un'amante…
Non ci sono delle regole fisse che possano determinare dei comportamenti-spia per capire se una persona è interessata veramente o se sta cercando solo un amante. Esistono uomini che riescono a vivere perfettamente due relazioni contemporaneamente. L'uomo sposato, anche se sta male con la moglie, difficilmente la lascia di sua spontanea volontà. Oscilla continuamente tra la voglia di porre fine al rapporto e il senso di colpa: solitamente è la donna
a prendere la decisione, l'uomo ha difficoltà a separarsi.
Il bambino, nella sua fantasia inconscia, si considera l'unico destinatario dell'interesse della madre, molto probabilmente, la convinzione di essere l'oggetto del desiderio della madre continua anche nell'età adulta: lasciarla vorrebbe dire ferirla così come (lasciare la moglie vorrebbe dire ferirla). Non sempre gli uomini vivono liberamente le proprie emozioni, sono portati a negarle con l'illusione di sfuggire alla sofferenza. Tutto ciò può ridurre il ruolo dell'amante ad una sorta di evasione passionale/sessuale.
Un segnale di possibili "intenzioni più serie" potrebbe essere l'esistenza di momenti di condivisione profonda, di interessi comuni, vicinanza al di là della sola sfera sessuale. Anche un allontanamento dalla compagna "ufficiale" potrebbe essere indicativo di un interesse più autentico.

Quando una donna lascia perdere…
Provare una attrazione implica anche un forte desiderio di soddisfarla. Soffocare sempre volontariamente quel desiderio può portare disagio e sofferenza e, alla lunga, induce a vivere in modalità repressa la propria vita. Chi è predisposto a frenare qualsiasi impulso, sta probabilmente evitando un contatto emotivo, è trattenuto ed è poco disponibile a lasciarsi andare a ciò che sente veramente e al rischio, scegliendo magari partner rassicuranti, al solo scopo di allontanare la solitudine. La donna che, pur attratta da un uomo impegnato, frena la passione, potrebbe anche nascondere, dietro spiegazioni come: "lascio perdere perché sono onesta", "perché non ne vale la pena", "perché credo a certi valori", una difficoltà a mettersi in discussione ed affrontare conflitti, aspetti incoerenti e lati "scomodi" della propria personalità.

Quando una donna provoca e aspetta…
Provocare e poi scappare ricorda un po' quello che fanno le bambine quando stuzzicano il papà, fanno un balletto con la gonna che gira e poi corrono lontano vedendo l'effetto che fa. La seduttività alimenta una fantasia inconscia onnipotente, "faccio in modo che l'altro venga attratto da me, cioè attiro la sua attenzione". Sembrerebbe più un desiderio narcisistico di essere apprezzati, notati, considerati. Forse finisce tutto lì. Forse il confronto aperto spaventa e si preferisce lasciare che sia lui a esporsi, a rischiare di più.

Quando una donna decide di sfidare…
La donna che "agisce" le proprie pulsioni, istintivamente e senza darsi il tempo di pensare, soddisfa nell'immediato, il desiderio che deriva dall'attrazione, ma può, così facendo, penalizzare la comprensione più profonda dell'altro e la costruzione di un rapporto. In questi casi, la sessualità potrebbe essere guidata da una fantasia aggressiva di "impossessamento". Si può assistere ad un tentativo di dominio sulla persona desiderata, l'altro viene ricercato solo per avere su di lui un completo controllo. Forse alla base c'è un atteggiamento di fondamentale sfiducia che potrebbe portare a non investire sul futuro, per farsi invece guidare dal piacere immediato della situazione. Questa modalità può lasciare l'amaro in bocca, acuire la solitudine.